Quasi esattamente 50 anni fa, nella notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1969, dall’oratorio di san Lorenzo, a Palermo, venne trafugata la pala d’altare “Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi”, dipinta da Michelangelo Merisi da Caravaggio si pensa nel 1609, un anno prima della sua morte.
Nella chiesa non c’erano sistemi d’allarme e il furto fu scoperto dal custode solo nel pomeriggio del 18.
Si ritiene comunemente che il trafugamento sia stato eseguito su commissione della mafia siciliana e da allora il quadro non è mai stato ritrovato, anche se le ipotesi e le ricostruzioni su che fine abbia fatto come al solito abbondano, ennesima riprova del fatto che viviamo in un Paese che sembra antropologicamente refrattario alla verità.
Un Caravaggio che sparisce da una chiesa senza lasciare traccia non può non destare sensazione. E infatti tra i primi a prendere in mano carta e penna per scriverne ci fu uno dei più grandi siciliani del secolo scorso, Leonardo Sciascia, che dal furto prese lo spunto per il suo ultimo racconto, “Una storia semplice” (Adelphi).
Come s’è detto, le ipotesi sono tante. Una è quella secondo cui, andati a vuoto diversi tentativi di vendita, forse per le precarie condizioni della tela, questa sarebbe stata seppellita dal narcotrafficante Gerlando Alberti nelle campagne di Palermo, con cinque chili di cocaina e alcuni milioni di dollari. Solo che nel posto indicato dal pentito Vincenzo La Piana, nipote di Alberti, la presunta cassa di ferro con dentro la tela non fu mai trovata.
Nel 1980 lo storico e giornalista britannico Peter Watson raccontò che a Laviano, provincia di Salerno, ebbe un contatto con un mercante d’arte che gli propose la Natività. L’incontro con i ricettatori fu stabilito per la sera il 23 novembre, che fu proprio quella in cui ci fu il grande terremoto dell’Irpinia: dunque niente appuntamento e recupero andato in fumo.
In seguito il “pentito” Francesco Marino Mannoia riferì a Giovanni Falcone di essere uno degli autori materiali del furto e che, nello staccare la tela e nell’arrotolarla, questa si sarebbe danneggiata irreparabilmente.
Solo che i carabinieri in seguito accertarono che il quadro di cui parlava Mannoia era un altro, attribuito a Vincenzo da Pavia e collocato in una chiesa attigua all’oratorio di san Lorenzo.
Nel 1996 la tela fu anche oggetto di un ricatto allo Stato da parte di Giovanni Brusca, che ne offrì la restituzione in cambio di un alleggerimento del regime carcerario. Lo Stato rifiutò e non se ne fece nulla.
Il 9 dicembre 2009, ancora, in una deposizione in tribunale il pentito di mafia Gaspare Spatuzza disse che la Natività sarebbe stata affidata negli anni Ottanta alla famiglia Pullarà (mafiosi del mandamento di Santa Maria del Gesù). I Pullarà avrebbero nascosto l’opera in una stalla fuori città, dove, senza protezione, questa fu rosicchiata da topi e maiali. In seguito i resti della tela sarebbero stati bruciati.
Secondo un’ultima ricostruzione uscita nel 2017, infine, la tela sarebbe stata trafugata in Svizzera...