“Amor omnia vincit”, si diceva un tempo, e per qualcuno l’antico detto virgiliano è più vero che mai.
Per esempio per il dottore venezuelano Jacinto Convit, che dall’alto della sua pluri-decennale esperienza professionale si è profondamente convinto che un atteggiamento compassionevole e umano può aiutare anche la salute.
Nel senso non solo che chi non è preda dell’odio si ammala di meno, ma anche nel senso che se qualcuno si ammala, perché tanto tutti ci ammaliamo, prima o poi, trattarlo con rispetto, attenzione e affetto è un atteggiamento che reca un indubbio vantaggio al processo di guarigione.
Detto in altro modo, per questo dermatologo nonché fondatore di una grande organizzazione dedita a procurare cure adeguate anche a chi non se lo può permettere (la Jacinto Convit World Organization), l’amore può guarire il corpo.
Secondo questo medico-umanista (tutti i medici dovrebbero essere prima di tutto degli umanisti, perché i dottori non curano malattie, ma persone), una vita spesa a nutrire odio può portare a un profondo stato di depressione, stato dal quale talvolta è molto difficile, se non impossibile, riemergere.
Si tratta di un atteggiamento psicologico che alla lunga si rivela profondamente autodistruttivo, una condizione che giorno dopo giorno uccide sia la mente che il corpo.
È un approccio, questo del dottor Convit, che gli deriva dalle sue prime esperienze come giovane medico negli ospedali del Venezuela.
Il giovane Convit rimase in particolare molto colpito, negativamente colpito, dal modo in cui in quegli anni venivano trattati i pazienti affetti dalla lebbra, che venivano addirittura legati e sottoposti alla sorveglianza della polizia, come se avere la lebbra non fosse una malattia, ma una colpa per cui essere puniti.
Ciò che vide in quei lontani anni formativi non ha mai abbandonato la mente e il cuore di Convit, che fin da allora decise che lui avrebbe scelto una strada diversa e più umana: considerare i pazienti prima di tutto delle persone da comprendere e aiutare.
Del resto, non dovrebbe essere questa, la medicina?