Le scatolette di tonno non mancano mai nelle dispense degli italiani. Ma cosa contengono? Quali rischi si celano al loro interno? A svelarcene le criticità è il Salvagente, noto mensile a tutela del consumatore, che ha analizzato 6 marche famose, senza però renderle note, con l’unico intento di chiarire l’arcano.
Dal test in laboratorio, è emersa la comune presenza di bisfenolo A. Si tratta di una sostanza che presenta non poche criticità, prodotta sin dagli anni ’60 dello scorso secolo in tutti i paesi industrializzati, proprio per la realizzazione dei contenitori alimentari. Ha effetti estrogenici, ossia è in grado di mimare l’azione degli ormoni “femminili”, influenzando il sistema endocrino e riproduttivo, ma non solo, può minare anche le difese immunitarie.
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Per approfondire l’annosa questione sul tonno in scatola, Il Salvagente ha commissionato ai laboratori del Gruppo Maurizi un’indagine su 6 diverse marche di tonno, le più vendute, senza però svelare il nome dei produttori.
Gli scienziati hanno analizzato scatolette sott’olio di vario peso:
per rintracciare l’eventuale presenza di bisfenolo A. Tutte hanno registrato tracce della sostanza in quantità variabili e comprese tra lo 0,03 e lo 0,04 mg/kg.
Considerando che il livello di migrazione ammesso dalla Ue è dello 0,05 mg/kg, il tonno analizzato rientrava nei limiti massimi consentiti.
Cosa se ne è desunto?
Nonostante le aziende rispettino i livelli di sicurezza in maniera encomiabile, fatto questo garantito da un monitoraggio continuo, il bisfenolo A è comunque sempre e ancora presente negli alimenti che ingeriamo. Il che ci porta ad alzare la guardia, dal momento che l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ritiene necessario aumentare fino a 100 volte almeno la soglia di tolleranza giornaliera, riguardo questa sostanza. È proprio per la sua possibile pericolosità a spingere gli esperti, che insistono sulla necessità di bandirla dal mercato.
Questo perché non è presente solo nel tonno, ma anche, ad esempio nelle bottiglie di plastica contenenti acqua o bibita, nel cartone della pizza e in molto altro ancora. Ecco allora che i limiti massimi quotidiani possono essere facilmente superati dall’accumulo sugli alimenti che consumiamo, con rischi non indifferenti in termini di salute.